Il punto
verso cui tende
la medicina tutta:
curare senza ferire,
senza causare danni
Chirurgia vertebrale mininvasiva: la maturità della chirurgia spinale
L imitare il trauma. È questo il concetto fondamentale che fa da guida nell’affrontare la sfera della mininivasività in medicina e in chirurgia: un pensiero molto semplice, comprensibile e positivo. Del resto l’idea è presente nella parola stessa. L’aggettivo mininvasiva (o mini invasiva) abbrevia e contrae il termine “minimamente invasiva” (in inglese “minimally invasive”): un’azione, diagnostica o chirurgica, che penetra nel corpo del paziente con un’invasione il più possibile ridotta e che lascia un trauma minimo. È evidente quanto questo rappresenti il punto verso cui tende la medicina tutta: curare senza ferire, senza causare danni o effetti collaterali.
Sin dagli albori della scienza medica si è perseguito questo obiettivo e che nasce dal tentativo di osservare o intervenire nelle strutture interne del corpo aprendo solo passaggi minimi. L’accelerazione dell’evoluzione di queste tecniche si è ottenuta negli ultimi decenni grazie all’aumento della precisione e alla progressiva miniaturizzazione degli strumenti ottici (endoscopici), che oggi hanno raggiunto vette eccezionali. Questa miniaturizzazione viaggia di pari passo a quella degli strumenti chirurgici, sino ad arrivare alla microchirurgia.
Vedere “dentro” senza aprire
La storia della chirurgia mininvasiva si è legata quindi inizialmente alla possibilità di vedere all’interno del corpo senza dover praticare ampie incisioni che portino alla luce, e alla vista del chirurgo, la sede dell’intervento. Dai primi cistoscopi rigidi dell’inizio del ‘900 a quelli moderni, sottili flessibili e monouso c’è un enorme salto tecnologico, ma ce n’è uno ancora più vistoso se si pensa alle tecniche laparoscopiche, che introducono nel corpo del paziente, tramite piccole incisioni, sondini dotati di potenti fonti luminose e di minuscole videocamere ad alta definizione che catturano immagini poi riprodotte, ingrandite e dettagliate, su grandi monitor. Il tutto – come dicevamo – per potere agire poi con grande precisione e minimo danno, sia che si operi a livello diagnostico sia a livello operativo e terapeutico.
I vantaggi della chirurgia mininvasiva
Se poter osservare all’interno corpo umano senza danneggiarlo è molto importante per poter valutare presenza e grado di una patologia – e quindi formulare una diagnosi accurata – lo è altrettanto per poter operare al suo interno. In ambito chirurgico la mininvasività è divenuta negli ultimi decenni l’approccio privilegiato di ogni intervento e i vantaggi che apporta sono molteplici.
- Riduzione del trauma. Incisioni più piccole si accompagnano a minor sanguinamento e a una conservazione dei tessuti muscolari, che vengono recisi in minima parte, se non addirittura semplicemente spostati per far passare gli strumenti miniaturizzati.
- Riduzione del tempo d’intervento. Sono necessari dosaggi minori di anestetico e in certi casi si può agire con la sola anestesia locale. Diminuisce lo stress generale imposto all’organismo del paziente, anche dai farmaci.
- Riduzione del rischio post-operatorio. Le lesioni sono minori, le ferite più modeste: calano i pericoli di complicanze post-operatorie, come emorragie e infezioni.
- Riduzione del dolore post-operatorio. Un vantaggio naturalmente conseguente ai punti sopracitati.
- Riduzione dei tempi di guarigione e recupero funzionale. Le ferite più piccole guariscono più rapidamente, la funzionalità viene ripristinata in minor tempo.
- Riduzione dei tempi di degenza. Un vantaggio ovvio per il paziente ma anche uno indiretto per la struttura ospedaliera, che può così offrire maggior accoglienza ed effettuare un maggior numero di interventi.
- Riduzione della misura delle cicatrici. Un vantaggio anche estetico e comunque non trascurabile.
Da non sottovalutare anche il differente impatto psicologico sul paziente, che affronta l’intervento sapendo che sarà per lui molto meno gravoso e che potrà recuperare in breve tempo la funzionalità.
Nel caso poi della chirurgia robotica vertebrale – che è a tutti gli effetti la versione più tecnologicamente avanzata della chirurgia mininvasiva – ai tanti vantaggi indicati si unisce anche quello della ridotta esposizione alle radiazioni.
La chirurgia vertebrale mininvasiva: le sue specificità
Come in ogni altra area della medicina, anche nel campo della chirurgia vertebrale le tecniche mininvasive percutanee sono approdate negli ultimi decenni, apportando modifiche radicali nell’approccio del chirurgo agli interventi alla colonna vertebrale.
L’evoluzione di questo cammino, iniziato nella metà del secolo scorso, è partita dallo studio di corridoi per giungere alla colonna vertebrale senza recidere la muscolatura. Si è passati poi a cercare accessi alternativi a quello posteriore (PLIF), come l’ALIF (Anterior Lumbar Interbody Fusion) e XLIF (Extreme Lumbar Interbody Fusion): due approcci che accedono al rachide toracico e lombare, rispettivamente anteriormente e di lato, per operare l’artrodesi, ovvero la fusione di corpi vertebrali adiacenti mediante posizionamento di impianti.
La nuova frontiera della mininvasività è però sicuramente la chirurgia robotica, i cui vantaggi, laddove sia possibile l’utilizzo delle nuove tecnologie, sono tali da renderla preferibile a ogni altro approccio.
Le patologie trattate con l’approccio mininvasivo
L’approccio mininvasivo è utilizzabile in un’ampia casistica di patologie della colonna: in generale tutti gli interventi di decompressione diretta o indiretta del canale vertebrale. Si opera spesso con tecniche mininvasive nei casi di ernie del disco (cervicale e lombare), nella spondiloartrosi e nella spondilolistesi, nelle mielopatie cervicali e dorsali e nelle correzioni delle deformità (come la scoliosi degenerativa). Diverse di queste patologie sono tra l’altro affrontabili con interventi in chirurgia robotica.
La tua patologia può essere trattata
con la chirurgia vertebrale mininvasiva?
L'approccio chirurgico mininvasivo è applicabile in una vasta gamma di patologie ed è sempre indicato laddove perseguibile. Ovviamente solo un confronto con uno specialista può definire se la chirurgia vertebrale mininvasiva può essere la più adatta al proprio caso specifico. Questo vale anche se, dopo aver ricevuto una diagnosi e un piano terapeutico che prevede un’operazione alla schiena, si desidera una seconda opinione per valutare se la chirurgia mininvasiva (ed eventualmente la robotica) può essere d’aiuto nel proprio caso.
Per saperne di più chiedi un consulto con il dottor Giuseppe J. Sciarrone. Il dottore visita e opera presso l’Ospedale Humanitas San Pio X di Milano dove è condirettore del Centro di Chirurgia Vertebrale Robotica presso, ma anche alla Casa di Cura Rizzola a San Donà di Piave (VE) e alla casa di cura Pierangeli a Pescara, tra i migliori centri di eccellenza per la neurochirurgia e la chirurgia vertebrale in Italia.